Le buone idee vanno oltre la paternità di chi le ha avute e riguardo alle finalità di “impegno civile” della Bomb realizzata Collettivo Birra e Bad Attitude – un contributo all’associazione LIBERA contro le mafie di Don Ciotti per ogni birra venduta – non ho avuto altro merito se non quello di averci pensato ed avere gettato il sasso. Di altri è stato il ben più importante merito di raccoglierlo. Come ogni cittadino del Nord Italia sono abituato a pensare che la malavita organizzata sia un cancro che riguarda solo un parte lontana e distante del Paese, quella dove si va a fare le vacanze. L’occasione per rendersi conto, se ne fosse mai bisogno, che la mafia può essere ovunque, anche davanti a te con i gemelli al polso, è stata la recente inchiesta della magistratura milanese sulla ‘ndrangheta a Milano e dintorni con annessa retata di arresti. Inchiesta che sembrerebbe aver lambito – il condizionale è d’obbligo vista la spinosità dell’argomento e l’ultima parola spetterà alla magistratura giudicante – anche il nostro amato mondo della birra, fatto di lavoro, passione ed entusiasmo allo stato puro. Sia come sia, pensai che potesse essere un segnale importante per i birrifici italiani quello di unirsi per dare un segnale comune di civiltà e legalità. Se non si sono create le condizioni per realizzare questa comunione di intenti fra i microbirrifici italiani, è importante che la proposta sia stata raccolta da un collettivo di persone, capitanate del birrificio Bad Attitude (svizzero, ma in cui batte un cuore italiano).
Si dirà – ed io sarò ovviamente il primo – che è una bella manovra di marketing e per far parlare di sé. Beh, una buona idea resta una buona idea anche se incrementa visibilità e utili. E se qualcuno stappando questa birra penserà per un solo attimo che in mezzo agli agnelli ci sono anche lupi travestiti da agnelli, forse la cultura della legalità in questo paese avrà fatto un piccolo passo avanti rispetto all’emergenza che viviamo da decine e decine di anni.
Sul blog di Collettivo Birra sarà anche disponibile il dettaglio di tutti i costi di produzione, costi che si riferiscono alle condizioni imprenditoriali elvetiche, ma indicative riguardo agli ordini di grandezza in generale. Sarà un’occasione per fare un altro passo avanti nell’annosa discussione sui prezzi della birra, sui fattori che davvero incidono sul costo finale ed in quale modo lungo la filiera vengano ripartiti i ricarichi nel percorso che trasforma dei sacchi di malto, luppolo, acqua e lieviti nella bottiglia di birra che trovate sullo scaffale dei beershop o nei frigoriferi dei pub. L’informazione è cruciale. E la scelta è libera solo quando è consapevole.
Stefano Ricci, 14 Luglio 2011
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